Belpasso – Rifugio Monte Manfrè
Itinerario antropologico-naturalistico da Belpasso “a Muntagna”
PREMESSA
Il sentiero 786 è stato ideato e realizzato dalla sezione di Belpasso del Club Alpino Italiano grazie al contributo del Comune di Belpasso. Si è voluto creare un percorso che conducesse dall’abitatodi Belpasso “a Muntagna”, così come è chiamato dagli abitanti dei paesi etnei il vulcano Etna, e precisamente a Monte Manfrè, area del comune di Belpasso in cui sorge il rifugio omonimo, ristrutturato nel 2015. Il sentiero conduce alla méta attraversando parte del territorio nord di Belpasso e toccando alcuni siti d’interesse che vale la pena visitare e che sono descritti da tabelle informative lungo il tracciato.
Il percorso ha una lunghezza di 15 km, un dislivello dal punto di partenza a quello di arrivo di 800 m, ed è caratterizzato da 10 luoghi di posa disposti lungo il tracciato.
ITINERARIO
Si parte da Contrada Gattaino (Punto 1, 522 m.s.l.m.) nella quale è possibile osservare le antiche torrette, manufatti della civiltà contadina che nel passato servivano a trovare una collocazione limitrofa alle pietre che i contadini rinvenivano nel dissodare i terreni, allora adibiti alla coltivazione della vite, predominante nella zona.
Dal punto 1 al punto 2, si sale leggermente in direzione nord-est, il percorso affianca per un tratto uno dei bracci lavici della colata lavica del 1669, famosa per la sua distruttività. All’epoca anche la vecchia Malpasso fu seppellita insieme a tanti paesi vicini. Durante il tragitto è possibile osservare altri manufatti in pietra: muretti a secco e terrazzamenti.
Nel punto 2 ci si trova vicini ad un luogo sacro, la Madonna della Roccia, così denominata proprio perché su una roccia lavica posta in una radura alle porte di Belpasso, dall’11 maggio 1986 al maggio 1988 la Vergine è apparsa a un quindicenne, Rosario Toscano. E’ possibile visitarne i luoghi, il tempietto che protegge la roccia sulla quale, si dice, apparisse la Vergine Maria, la Via Crucis realizzata lungo il percorso che conduce alle due Grotte dei Taddariti, grotte di scorrimento lavico, visitabili però solo dall’esterno.
Di seguito, superata la strada e dopo aver attraversato un piccolo boschetto di querce, si raggiunge il punto 3, la grotta di Piscitello, creata dal flusso lavico del 1669. E’ possibile visitarla ma è consigliabile indossare un caschetto di protezione ed avere con sè una torcia.
Da qui il sentiero si sposta in direzione nord-ovest, attraversando la fitta vegetazione di Contrada Piscitello, costeggiando nella parte finale, prima di sbucare sulla S.P. 4II Belpasso-Nicolosi, un esteso vigneto a filari.
Superata la strada provinciale, ci si trova di fronte all’altarino devozionale eretto per lo scampato pericolo durante l'eruzione del 1886.
Si fa, quindi, ingresso nella trazzera-strada vicinale Piscitello. Prima di raggiungere il punto 4, a circa 100 m si trova sulla sinistra l’antico altarino di contrada Cisterna Regina, un pregevole altare con nicchia affrescato, anche se attualmente versa in cattive condizioni. Al suo interno si possono ammirare degli affreschi ormai sbiaditi raffiguranti la Madonna della Guardia (al centro), San Biagio (a sinistra) e Santa Lucia (a destra).
Arrivati al punto 4 si può osservare la cisterna della Regina: è una grande cisterna idrica appartenuta ad una tenuta reale del XIV secolo. Tale tenuta, appartenente alla regina Eleonora d'Angiò consorte del re Federico III di Aragona, comprendeva una villa ed un giardino che furono distrutti da un braccio di lava durante un’eruzione nel 1910 che sommerse la parte più importante del caseggiato lasciando scoperta la cisterna.
Il braccio lavico in questione è visibile lungo il percorso qualche centinaio di metri dopo insieme ai resti di un terrazzino panoramico che faceva parte della villa della regina. Adiacenti al costone lavico, possono ancora notarsi dei vialetti in muratura, tutti conducenti alla terrazzina dalla pianta rettangolare, le cui pareti su tre lati sono arricchite da una serie di sedili in muratura rivestiti da mattonelle in terracotta e formanti delle spalliere.
Proseguendo oltre, si percorre un campo lavico, nel passato utilizzato come cava per l’estrazione della pietra lavica, adesso colonizzato da un folto ginestreto.
Arrivati alla S.P. 160 Nicolosi-Ragalna, la si percorre in direzione ovest, dopo un centinaio di metri s’imbocca a destra una vecchia trazzera a tratti ben conservata di acciottolato in pietra lavica. Accompagnati dallo stupendo panorama dell’Etna sullo sfondo si raggiunge il punto 5, Contrada Segreta, in cui è possibile fare una sosta nella adiacente area picnic.
Da qui, dopo circa 2 km si arriva ad un bivio (punto 6), prendendo a sinistra e lasciando il sentiero 786 si può raggiungere a qualche decina di metri la vicina Grotta D’Angela.
Dal bivio si prosegue in direzione nord, il percorso è costituito a tratti da sentiero e da vecchie trazzere fino a raggiungere la strada provinciale Milia. Attraversatola ci si trova dapprima su una carrareccia in prossimità di monte San Leo (punto 7, 1198 mslm) e poi in corrispondenza di un omino di pietra s’imbocca il sentiero che attraversa un vecchio campo lavico oramai quasi colonizzato dalla vegetazione, costituita prevalentemente da ginestra e da qualche esemplare di leccio e roverella.
Poco prima di giungere su una stradella padronale si può notare una caratteristica formazione lavica a forma di bolla.
Da lì a poco, si svolta a destra in direzione nord ovest percorrendo un antico sentiero, segnalato dalle consuete bandierine bianco-rosso, che porta alla base di Monte Sona (punto 8, 1398 mslm). Qui è visibile l’imponente presenza di uno dei bracci lavici del 1983, fermatosi più giù in corrispondenza della strada Milia. Questa zona è ben gestita dal demanio forestale, è possibile trovare a un centinaio di metri un’area di sosta.
L’ultimo tratto, grazie ad una carrareccia che costeggia ad ovest Monte Sona, ci conduce alla base di Monte Manfrè (punto 9, 1460 mslm), da qui un sentiero ci porta al Rifugio, perfettamente integrato nel paesaggio, caratterizzato da imponenti alberi di castagno e suggestive formazioni laviche.
Il rifugio è raggiungibile anche da un ingresso posto sulla vicina S.P. 92 al km 10,6 (punto 10), tramite una comoda carrareccia lunga circa 500 m. Questa è indicata sulla mappa come sentiero 786A.
Dal rifugio in futuro sarà possibile anche prendere il sentiero 786B, di prossima realizzazione, che nel giro di 3,5 km e 350 m di dislivello, porta all’Altomontana dell’Etna, nei pressi del cancello del Demanio Filiciusa-Milia. Da qui sono possibili diverse escursioni nella zona di Etna Sud.
Indicazioni stradali per il punto di partenza (Punto 1 - Contrada Gattaino-Belpasso):
Dalla Superstrada Paternò - Catania/SS121 prendere l'uscita Zona Industriale Piano Tavola-Belpasso, continuare in Via Valcorrente e poi proseguire imboccando la Strada Provinciale 14/SP14 in direzione per Belpasso. All’ingresso del paese svoltare a destra e imboccare la Strada Provinciale 56i. Alla rotonda, proseguire dritto su Via Papa Giovanni Paolo II, così anche alla successiva. Ad una terza rotonda prendere la 1ª uscita, a pochi metri a destra si trova la Via de Nicola da cui parte il sentiero.
Coordinate GPS punto di partenza sentiero 786 (Punto 1 - Contrada Gattaino-Belpasso):
Lat: 37° 35’ 12,4’’ N; Long: 14° 59’ 06,0’’ E; Alt: 522 m.s.l.m.
Coordinate GPS punto di partenza sentiero 786A (Punto 10 - S.P. 92 km 10,6):
Lat: 37° 40’ 22,2’’ N; Long: 14° 59’ 04,6’’ E; Alt: 1334 m.s.l.m.
DESCRIZIONI PUNTI D'INTERESSE
Punto 1 - Contrada Gattaino
Contrada Gattaino è una area di Belpasso che storicamente era adibita alla coltivazione della vite. E’ infatti possibile osservare i vari reperti della civiltà contadina: i muretti a secco, i terrazzamenti, i canali d’irrigazione e le antiche torrette, manufatti che servivano a trovare una collocazione limitrofa alle pietre che i contadini rinvenivano nel dissodare i terreni, i muretti indicavano i confini, quando le pietre erano troppe le accatastavano in modo ordinato, così nascevano le torrette.
La strada che qui inizia è una delle regie trazzere che collegavano le varie località del territorio etneo, alcuni tratti di essa con il selciato in basolato lavico ed i muretti laterali sono ancora ben conservati.
Punto 2 - Madonna della Roccia
La Madonna della Roccia è chiamata così proprio perché nei pressi si trova una roccia lavica; su questa roccia, dall’11 maggio 1986 al maggio 1988, la S. Vergine sarebbe apparsa a un quindicenne, Rosario Toscano. La roccia è posta sotto un tempietto che la protegge, esso è visibile da qui guardando in direzione sud. Entrando nell’area si può visitare il luogo di culto ma anche la Via Crucis realizzata su pietra lavica lungo il percorso che conduce alle due Grotte dei Taddariti, tunnel di scorrimento lavico, visitabili però solo dall’esterno. Una di esse è stata utilizzata per l’allestimento di un presepe.
Punto 3 - Grotta di Piscitello
La grotta, creata dal flusso lavico del 1669, è detta in termini dialettali “di Pisciteddu” o anche “Ampudda di Pisciteddu”, proprio dalla omonima contrada in cui si trova, si racconta che qui un tempo scorreva un fiume il cui letto si pensa fu seppellito dalle colate laviche, proprio il fiume Piscitello.
Rispetto all’ingresso il tunnel lavico si sviluppa orizzontalmente in direzione nord-sud per un centinaio di metri; nella parte più bassa della volta si possono notare delle prominenti stalattiti di rifusione.
Punto 4 - Cisterna Regina
La Cisterna della Regina, faceva parte di una antica tenuta, che comprendeva una villa ed un giardino, e che fu fatta edificare da Eleonora d'Angiò, consorte del re Federico III di Aragona, dopo la morte del marito, avvenuta nel 1337.
Le rovine della tenuta sono oggi comunemente denominate della Cisterna Regina e si trovano a qualche centinaio di metri da qui sul percorso. Del vecchio fabbricato è rimasto ben poco; questo sorgeva in una zona in dolce declivio solcata dalle acque del fiume Piscitello.
La villa nel 1910 venne investita da un braccio di lava che sommerse la parte più importante del caseggiato.
La cisterna aveva la funzione di raccogliere le acque piovane che, dai pianori e dalle antiche trazzere più o meno lastricate, scendevano a valle. Il punto di raccolta, tutt’ora esistente, è una grande cisterna dal diametro di circa 35 metri a cielo aperto e avente pianta circolare. La sua profondità dovette aggirarsi intorno ai cinque-sei metri, mentre col tempo si è ridotta alla profondità di non oltre 2,5 metri.
Al suo interno si accumulano, infatti, la rena vulcanica dell'eruzione del 1669 e materiale piroclastico fuoriuscito dalla bocca effusiva dei Monti Rossi.A causa della presenza di questo materiale sabbioso, per qualche periodo della sua storia più recente, il suo interno è stato coltivato a vigneto. Le sue pareti, in qualche tratto, fanno intravedere tracce di intonaco medievale e alcuneaperture attraverso le quali, grazie ad alcuni “canaletti” in pietra lavica, l'acqua si riversava all'interno dell’invaso. Questa veniva utilizzata per soddisfare il consumo idrico necessario, per il sostentamento degli animali e per lavare i panni; infatti, l'acqua, nonostante trascinasse con sé terra e detriti, nella cisterna si accumulava e decantava.
La Cisterna si erge proprio a ridosso dell’antica Strada Regia Nazionale (Siciliana), di grande importanza nel sistema viario dell’epoca. Percorrendo questa strada, inoltre, si può comprendere come essa collegasse il quartiere Guardia con l’antico abitato di Malpasso.
Punto 5: Contrada Segreta
Area montana del territorio di Belpasso in cui tanti cittadini vengono a villeggiare nel periodo estivo. E’ presente un’area picnic per fare una breve sosta.
Punto 6 - Grotta D’Angela
Trattasi di una galleria di scorrimento accessibile dalle due estremità, ben illuminata e con un'ampia sezione semiellittica. Il pavimento, in lieve pendenza e piuttosto uniforme, è per la maggior parte a superficie unita; nella zona centrale presenta delle caratteristiche lave a corda. Lungo la parete ovest si notano alcuni grossi rotoli. La galleria è lunga circa 40 m, ma dalla letteratura (Ponte, 1914, p.13) risulta che sino agli inizi del secolo la Grotta d'Angela misurava 150 m. Tracce di crolli recenti sono effettivamente visibili ai due ingressi. A valle della grotta si trova un ampio canale di scorrimento lungo circa 100 m che conduce ad altre due piccole cavità. (cit.: www.mungibeddu.it). La galleria ha andamento orizzontale. Le lave che hanno originato la grotta sono del 1780.
Punto 7 – Monte San Leo
Si tratta di uno dei tanti conetti vulcanici spenti dell’Etna, essendo molto antico è stato già ripopolato dalle specie vegetali tipiche della zona: la ginestra, il leccio, la roverella.
Punto 8 – Monte Sona e Monte Manfrè
Questa zona montana del vulcano è caratterizzata dalla presenza di due rilievi, topograficamente denominati monte Sona e monte Manfrè, ma in realtà sono entrambi antichi crateri spenti, oggi molto ricchi di vegetazione arborea e con un bellissimo panorama circostante: l’Azienda Regionale Foreste Demaniali di Catania ha attrezzato di sentieri e di piste forestali con muri a secco di contenimento le pendici e i versanti di questi antichi crateri per raggiungerne le sommità e per consentire un miglior controllo dei boschi; le opere realizzate hanno anche lo scopo di migliorare la fruizione da parte degli escursionisti che desiderano ammirare il paesaggio etneo anche con brevi passeggiate.
Sulle pendici di questi antichi crateri spenti, si osserva una ricca vegetazione forestale in parte spontanea grazie ai naturali processi di colonizzazione che interessano le superfici laviche, ma una parte maggiore è frutto di opere di rimboschimento, sempre ad opera dell’Azienda, che ha contribuito al consolidamento del suolo con l’impianto di molte specie vegetali originarie.
La vegetazione di Monte Sona è ricca di Leccio (Quercusilex) nella parte ovest, invece in quella est è prevalente il Pino laricio (Pinuslaricio), caratteristico del paesaggio etneo presso le quote montane.
Il Monte Manfrè è quasi completamente ricoperto di querce del gruppo della Roverella (Quercuspubescens); sono presenti bellissimi esemplari secolari di Castagno (Castanea sativa) alla base del monte nella zona sud e una caratteristica colonia di Pioppo tremulo (Populus tremula) all’interno del cratere su superfici molto impervie.
Attorno ai due monti sono presenti le grandi distese di colata lavica scaturita dall’eruzione del 1983 e che li aveva accerchiati per poi proseguire la discesa verso sud: fortunatamente l’eruzione si esaurì, evitando molti danni al centro abitato.
Il Monte Manfrè divenne leggendario per il presunto incontro di natura extraterrestre avuto il 30 aprile 1962 da Eugenio Siragusa, figura catanese in equilibrio tra la follia e la religiosità che ha fatto tanti proseliti.
Attorno ai due monti sono presenti le grandi distese di colata lavica scaturita dall’eruzione del 1983 e che li aveva accerchiati per poi proseguire la discesa verso sud: fortunatamente l’eruzione si esaurì, evitando molti danni al centro abitato.
Il Monte Manfrè divenne leggendario per il presunto incontro di natura extraterrestre avuto il 30 aprile 1962 da Eugenio Siragusa, figura catanese in equilibrio tra la follia e la religiosità che ha fatto tanti proseliti.
Punto 9 – Rifugio Monte Manfrè
Il Rifugio è perfettamente integrato nel paesaggio, caratterizzato da imponenti alberi di castagno e suggestive formazioni laviche. Da qui in futuro sarà possibile anche prendere il sentiero 786B,di prossima realizzazione, che nel giro di 3,5 km e 350 m di dislivello, porta all’Altomontana dell’Etna, nei pressi del cancello del Demanio Filiciusa-Milia. Da qui sono possibili diverse escursioni nella zona di Etna Sud.
Punto 10 – S.P. 92 al km 10,6
Ingresso per il sentiero 786A dalla S.P. 92 al km 10,6, una carrareccia conduce al rifugio di Monte Manfrè in circa 500 m. Da qui è possibile prendere il sentiero 786 che conduce a Belpasso.